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L’industria dei microchip di Taiwan sbarca in Italia tra le minacce di Pechino

Cresce la produzione di wafer per semiconduttori in Italia grazie agli investimenti della taiwanese GlobalWafers. Il Comitato Italia-Cina con Tajani e Wang Yi e le minacce di Pechino a Taiwan

 

di Giuseppe Morabito

13 Ottobre 2025, 5:52

 

Il 15 ottobre si terrà la cerimonia di apertura del nuovo stabilimento della MEMC, azienda produttrice di wafer al silicio e filiale della GlobalWafers, terza compagnia al mondo del settore che con 18 sedi operative distribuite su tre continenti è tra i maggiori fornitori mondiali di wafer per semiconduttori. Va messo in evidenza che la sua presenza in Italia è affidata a MEMC Spa, attiva da decenni nei poli di Novara e Merano.

La MEMC Spa, come indicato, fa parte del gruppo GlobalWafers, con sede principale nella Repubblica di Cina-Taiwan, e ha completato con successo la produzione dei primi wafer in silicio da 300mm sul suolo italiano. Non si deve nascondere che stiamo vivendo un momento di successo per il nostro governo e degli ottimi rapporti tra Roma e Taipei.

Si tratta di un momento importante per il settore tecnologico che rafforza la posizione del nostro Paese nella filiera europea della microelettronica. In massima sintesi è un’iniziativa volta a ridurre la dipendenza da forniture asiatiche e contribuire a sviluppare un nuovo polo produttivo competitivo a livello globale.

Come noto, i semiconduttori sono materiali fondamentali per l’elettronica moderna, grazie alla loro capacità di controllare il flusso di corrente elettrica. Utilizzati nei microprocessori, nelle memorie, nei sensori e nei dispositivi di potenza, permettono la miniaturizzazione e l’efficienza energetica dei circuiti integrati.

La loro versatilità li rende indispensabili per diversi settori come l’automotive, le tlc, l’industria 4.0, le energie rinnovabili e la difesa. In Italia, l’industria dei semiconduttori sta acquisendo sempre più rilevanza grazie alla domanda continua e ad investimenti crescenti in ricerca, produzione e integrazione tecnologica nella catena del valore europea.

Il potenziamento dello stabilimento novarese rafforza la centralità del Piemonte nella mappa della microelettronica nazionale.

 

Il Comitato Italia-Cina

La settimana scorsa si è tenuta a Roma, presieduta dal ministro degli affari esteri Antonio Tajani, 12 esima sessione del Comitato intergovernativo Italia-Cina Popolare, meccanismo diventato centrale per i rapporti bilaterali dopo il comprensibile e giusto ritiro dell’Italia dal progetto Nuova via della Seta. L’adesione al progetto era una decisione palesemente erronea dei governi precedenti.

A Roma era presente il ministro degli esteri della Cina Popolare Wang Yi, che a margine della conferenza ha dichiarato: “Coloro che condividono le stesse idee e visioni sono amici, ma ci sono anche coloro che cercano sempre un terreno comune pur mantenendo le proprie differenze. Non devono diventare ostacoli al dialogo o alla collaborazione”.

“La chiave – continuato Wang – risiede nel sostegno complessivo e reciproco dei rispettivi interessi fondamentali e delle legittime preoccupazioni. La Cina sostiene che ogni nazione, indipendentemente dalle sue dimensioni o dalla sua forza, sia un membro uguale della comunità internazionale. L’unilateralismo e l’egemonismo non devono caratterizzare la nostra epoca. La comunità internazionale non può ricadere nella legge della giungla”.

Da parte sua il ministro Tajani ha risposto che i due Paesi possono essere “costruttori di pace” e in quest’ottica va letta l’adesione di Pechino alla tregua olimpica in occasione dei Giochi invernali di Milano-Cortina che sarà proposta da Roma al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

 

Tawain minacciata

Purtroppo, a giudicare dalle notizie che arrivano da Taiwan, che ha festeggiato il 10 ottobre la sua festa nazionale, sembrerebbe che Pechino abbia ultimamente intensificato i suoi sconfinamenti aerei e navali intorno all’isola e e continui a promuovere fermamente la causa della riunificazione della Cina Popolare.

Pechino e il suo governo comunista considerano l’isola come una provincia ribelle. La legge anti-secessione cinese autorizza esplicitamente l’uso della forza militare se Taiwan dichiara l’indipendenza o se la “riunificazione” pacifica diventa impossibile. In segno di crescenti tensioni, l’ambasciata di Pechino negli Stati Uniti ha minacciato che “se la guerra è ciò che vogliono gli Stati Uniti, che si tratti di una guerra tariffaria, commerciale o di qualsiasi altro tipo di guerra, siamo pronti a combattere fino alla fine”.

In un quadro generale si constata che i presidenti degli Stati Uniti hanno tenuto una politica di lunga data di “ambiguità strategica” sulla questione dell’intervento militare per proteggere Taiwan. Ma da quando il presidente americano ha attivato il “Trump 2.0”, cosa potrebbe succedere nell’Indo Pacifico è diventato un vero mistero geopolitico. Intanto le relazioni economiche (guerra dei dazi) tra Washington e Pechino vanno peggiorando…

 

Fonte, https://www.nicolaporro.it/atlanticoquotidiano/quotidiano/aq-esteri/lindustria-dei-microchip-di-taiwan-sbarca-in-italia-tra-le-minacce-di-pechino/    

 

 


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