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Doppia imposizione fiscale: da Taiwan una ricetta per la competitività

 

22 gennaio 2014, Taipeieco (LC)

 

La doppia imposizione rappresenta uno degli ostacoli più rilevanti per le imprese che svolgono attività di business internazionale. Tale fenomeno si verifica quando le diverse leggi nazionali assoggettano due o più volte ad imposta la stessa ricchezza. I singoli Stati prevedono, infatti, la tassazione dei redditi in base al criterio della residenza del soggetto che percepisce il reddito oppure in base al criterio della fonte, cioè alla localizzazione territoriale del reddito percepito. I fenomeni di doppia imposizione accrescono il carico fiscale complessivo e, conseguentemente, hanno un impatto negativo sugli investimenti, contribuendo ad indebolire la competitività delle imprese all’estero.

Il proliferare, negli ultimi decenni, dei trattati per evitare la doppia tassazione fra i Paesi sembra confermare la necessità di aggirare il fenomeno per poter rimanere competitivi nel mercato globale, oltre che per contrastare l’evasione fiscale.

 

Per Taiwan la sottoscrizione di numerosi trattati di questo tipo ha rappresentato non solo uno strumento di integrazione nel mercato globale, ma anche un valido contributo all’attrazione di investimenti stranieri. Taiwan ha siglato il suo primo trattato sulla doppia tassazione nel 1981 con Singapore e attualmente ha all’attivo 25 trattati, inclusi diversi Paesi europei (Germania, Regno Unito, Francia,  Paesi Bassi, etc.).

 

Per capire meglio vantaggi e benefici basta analizzare i numeri. All’inizio del 2012, Taiwan ha sottoscritto un accordo sulla doppia imposizione con la Tailandia. Al momento della sottoscrizione, Taiwan era il terzo maggiore investitore straniero per la Tailandia, dopo USA e Giappone e contava circa 5.000 aziende e 150.000 taiwanesi in Tailandia, più che in qualsiasi altro Paese del Sud-est asiatico. A giugno 2013 gli investimenti taiwanesi in Tailandia ammontavano già a 88 milioni di Euro (a giugno dell’anno precedente erano 52 milioni), evidenziando come la sottoscrizione dell’accordo abbia determinato un’impennata negli investimenti.

Dello stesso anno è il trattato con il Giappone. Gli investimenti nipponici in Taiwan erano USD 439 milioni nel 2011. Dopo la sottoscrizione del trattato, gli stessi investimenti erano aumentati fino a USD 619 milioni in appena un anno (2012). Inoltre, la cooperazione in materia fiscale ha aperto la strada ad una più stretta collaborazione commerciale, sfociando nella sottoscrizione di altri accordi commerciali fra i due Paesi nei settori del trasporto ferroviario ad alta velocità, dell’e-commerce, della proprietà intellettuale, della pesca, etc.

 

Anche nel lungo termine, i benefici conseguenti alla rimozione degli ostacoli fiscali sono apprezzabili. In Europa, il terzo partner commerciale di Taiwan è il Regno Unito, con il quale è stato firmato un accordo contro la doppia tassazione nel 2002. Sebbene il commercio totale fra i due Paesi nell’ultimo decennio sia rimasto sostanzialmente stabile, evidentemente soprattutto a causa della crisi in Europa, vale la pena soffermarsi sull’incremento annuale del 14% in media, fino al 2011, delle esportazioni di servizi dal Regno Unito verso Taiwan e sulle circa 300 aziende britanniche che attualmente operano in Taiwan contro le 180 aziende Taiwanesi attive nel Regno Unito. Inoltre, nel 2012 le importazioni di merci taiwanesi nel Regno Unito sono aumentate del 14,4% rispetto all’anno precedente. Il commercio totale fra i due Paesi nel 2012 è stato il più alto di sempre, totalizzando USD 6,9 miliardi.

 

Venendo all’Italia, i rapporti commerciali con Taiwan, sebbene siano buoni e stabili, stentano a decollare, in mancanza di una visione in prospettiva futura da parte italiana, che altri Paesi europei hanno invece già dimostrato. Attualmente, un accordo sulla doppia tassazione con l’Italia giace in attesa della ratifica finale dell’Italia, mentre molte aziende di entrambe le parti attendono per poter espandere il loro raggio d’affari. Gli investimenti italiani a Taiwan ammontano a USD 80 milioni, contro i miliardi investiti da altri Paesi europei. L’Italia è il 27° partner commerciale di Taiwan a livello mondiale (il 4° in Europa) e continua a perdere posizioni in settori in cui potrebbe avere la leadership (l’export italiano di prodotti alimentari e vino a Taiwan è sceso vertiginosamente negli ultimi anni).

 

Per concludere, Taiwan rappresenta un partner di tutto rispetto per le aziende italiane. Sempre più Paesi guardano a Taiwan con accresciuto interesse, riconoscendo l’enorme opportunità commerciale che l’isola rappresenta.

Taiwan ha un’economia principalmente basata sulle esportazioni e la crisi globale l’ha messa in difficoltà, ma il governo ha varato una serie di interventi che stanno contrastando gli effetti negativi della crisi.

Fino al 2010, Taiwan era una delle due uniche economie emergenti in Asia (l’altra, la Corea del Sud) ad aver raggiunto una crescita del 5% o più annuo per almeno 5 decenni. Il Paese ha raggiunto una crescita del 1,3% nel 2012 e del 1,7% nel 2013 e ha mantenuto un’alta competitività piazzandosi al 12° posto nel mondo davanti a Cina e Corea (Italia 49°) nell’indice di competitività globale del World Economic Forum 2013. Si posiziona al 24° posto fra le economie mondiali ed è al 6° posto per indice di innovazione, secondo EIU Global Innovation Index (ha registrato il numero maggiore al mondo di brevetti pro-capite nell’ultimo decennio).



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