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Idee italiane che volano a Taiwan: un designer veneziano e la sua “Aria”
 

17 GENNAIO 2014
Di Lorenzo Franzetti

 

La valigia è pronta, piena di speranze e di idee. Pezzetti d’Italia, prendono il volo. Destinazione Taichung, la capitale mondiale della bicicletta, nel cuore di Taiwan. Marco Mainardi e famiglia, ovvero la moglie Arianna e la loro bambina di quattro mesi: valigia in mano e Venezia nel cuore.

Ennesima storia di cervelli in fuga, o piuttosto esportazione di cultura italiana? Marco Mainardi, di professione designer, ex bambino ciclista di Spinea (entroterra di Venezia): da una vita lascia libere le idee, idee che fanno il giro del mondo e danno frutto dove trovano terreno fertile. «Taiwan è un terreno fertilissimo, c’è molta apertura verso la creatività. Prima erano soltanto produttori di bici, oggi sono una realtà molto sensibile alla nuove idee, ai concetti innovativi. Il design desta molto interesse, così come la nostra cultura, quella italiana».

Marco ha deciso: sua figlia parlerà cinese, ma non dimenticherà il dialetto veneto. La sua nuova casa sarà a Taichung. Tutto comincia da una fantasia, da un concetto che cominciò a balenare nella mente di Marco, una decina d’anni fa… Quel progetto si chiamava “Aria”: «Era un progetto di aerodinamica. Aerodinamica non limitata alla bici, ma sviluppando il concetto che comprendesse la bici e il ciclista, ovvero il mezzo meccanico e la posizione di chi pedala».


“Aria” venne proposta a quasi tutti i costruttori di bici italiani: «Ma non ebbi fortuna e avevo finito per rassegnarmi. Ma poi ci pensò mia moglie». La signora Arianna, all’insaputa del marito, iscrisse il progetto al concorso di design del salone della bicicletta di Taipei. «E la mia bici vinse, nel 2011». Da quel progetto, i taiwanesi costruirono una decina di biciclette, una buona parte finita nelle mani di collezionisti danarosi e affascinati dal concetto di Mainardi. Tra questi, per curiosità, anche il direttore della banca del Brasile, grande appassionato di bici… “Aria” fu il pretesto, la grande occasione: da allora, i produttori taiwanesi se lo tengono stretto e le collaborazioni a progetti sempre più importanti sono aumentate…


«In Italia, lavoravo per Oria, un marchio molto noto nella produzione di tubi e telai. Io mi sono concentrato nella progettazione del carbonio. E nella mia carriera ho collaborato con molti grandi costruttori, da Pinarello a Colnago. Tuttavia non nasco come designer per il ciclismo, io ho sempre realizzato oggetti, in particolare per l’arredamento. Dai lampadari in giù: oggetti funzionali, maneggevoli, ma con un carattere estetico. La bici è arrivata grazie alla passione, perché da sempre ho amato il ciclismo, fin da quando ero bambino».


Il designer offre risposte a una sola domanda, in sintesi: “Mi fai qualcosa di nuovo?”. E la bici avrebbe margini di creatività molto ampi, secondo Mainardi: «La bicicletta di fatto non è mai cambiata. Il concetto che sta alla base della geometria dei telai è più o meno sempre lo stesso. E deriva dalla tradizione e dalle origini, ovvero dall’acciaio e dai telaisti artigiani… E da sempre, la tradizione ha condizionato e condiziona». E, probabilmente, frena la creatività: «In Italia sì, indubbiamente c’è molta diffidenza nei confronti dei concetti nuovi. In Asia e a Taiwan, invece, non hanno pregiudizi: lì si può osare. Trovi imprenditori, produttori che sono estasiati dalla nostra cultura, perché non hanno storia e nemmeno cultura artistica, ma solo tecnologia…».

Storia che, anche nei progetti di Mainardi, è fondamentale…«Certo, poiché molti concetti sono già stati pensati un secolo o addirittura due secoli fa, quando ancora la bicicletta così come la vediamo oggi era un prototipo. Le idee e i tentativi di innovare ce n’erano un’infinità. E i progetti del presente, molto spesso, riprendono idee abbozzate molti anni fa, ma che allora non ebbero fortuna poiché non c’erano la tecnologia, le conoscenze o i materiali per svilupparli. Tanto per fare un esempio a caso, la sella senza puntale è un brevetto del 1811…».

Il passato che ritorna, ispira, aiuta a creare: «Qui in Italia, manca il coraggio di osare. Prevale il pregiudizio verso tutto quanto rompe gli schemi, gli schemi della tradizione ciclistica». Quegli otto tubi che costituiscono la base del telaio tradizionale condizionano e frenano le innovazioni… «Il carbonio, invece, si presta a nuove idee, nuovi schemi e concetti». Che per la bici non sono creatività senza limiti, Mainardi lo riconosce, anzi studia da sempre l’ergonomia: gli aspetti tecnici, della bici e del ciclista sono fondamentali.

La Morphos, un'altra bici progettata da Mainardi, che ha collaborato a lungo con Oria, produttore di tubi e telai per molti costruttori di bici
La Morphos, un’altra bici progettata da Mainardi, che ha collaborato a lungo con Oria, produttore di tubi e telai per molti costruttori di bici
Marco Mainardi, nella sua casa di Taichung, andrà a sviluppare nuovi progetti funzionali alle bici elettriche: «I produttori taiwanesi stanno investendo molto sulla pedalata assistita, quello è un campo in cui ci sono spazi ampi d’innovazione proprio perché c’è meno tradizione: la bici elettrica avrà presto una sua identità precisa, come oggetto. Oggi non è una bici e non è una moto. Presto avrà una sua personalità, ben riconoscibile dal pubblico».

E anche per la bici elettrica, Mainardi fa tesoro del passato: «Sto lavorando, per esempio, all’evoluzione di una bici che fu inventata a inizio Novecento e si chiamava Velocino. Il passato è fondamentale, ma deve offrire le basi per evolversi, per creare, per osare».

 

 

Link, http://www.cyclemagazine.it/cycle/2014/01/idee-italiane-che-volano-a-taiwan-un-designer-veneziano-e-la-sua-aria/



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