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L’Italia sul podio solo Cina e Taiwan un gradino sopra
Repubblica, 21 luglio 2014
IL MERCATO TRICOLORE DEL FACTORING RAPPRESENTA L’8% DI QUELLO MONDIALE E IL 13%
DELL’EUROPEO. IL TURNOVER COMPLESSIVO HA SUPERATO NEL 2013 I 171,5 MILIARDI, CON
UN LEGGERO CALO PERCENTUALE RISPETTO ALL’ANNO PRIMA. NEI PRIMI 4 MESI 2014 È
TORNATO A SALIRE
Milano S olo Cina e Taiwan hanno un settore del factoring più sviluppato di
quello italiano. A certificarlo è l’associazione italiana di categoria Assifact,
che ha di recente presentato la relazione annuale. Questa classifica non
stupisce più di tanto, visto che il ritardo dei pagamenti non è una prerogativa
solo dello Stato ma anche delle aziende private. E la prolungata crisi non ha
fatto che accentuare questo fenomeno. Il mercato italiano rappresenta l’8% di
quello mondiale e il 13% di quello europeo, lasciandosi così alle spalle Paesi
molto importanti come Gran Bretagna, Francia e Germania solo rimanendo in
Europa. «Il turnover complessivo degli operatori di factoring aderenti
all’Associazione ha superato nel 2013 i 171,5 miliardi di euro, con una
riduzione pari al 2,13% rispetto all’anno precedente, in controtendenza con la
crescita del mercato europeo e mondiale, accompagnata da un significativo calo
dei finanziamenti in essere al 31 dicembre 2013 (-6,86%) — si legge nel report
di Assifact — I crediti commerciali acquistati in essere alla fine del 2013 sono
anch’essi diminuiti (-4,77%), sfiorando i 55 miliardi di euro». Il 2013 ha
dunque fatto registrare un calo del settore, in parte favorito dal pagamento dei
debiti della PA disposto dal governo Letta, ma già a inizio 2014 si è registrata
l’inversione di trend: “Il turnover cumulativo del primo quadrimestre è pari a
53 miliardi di euro, con un incremento pari al 4,41%rispetto allo stesso periodo
dell’anno precedente”. I big italiani del settore sono Mediofactoring, che è
stata di recente incorporata dalla capogruppo Intesa Sanpaolo e che vanta un
turnover aggiornato al 31 marzo 2014 pari a 12,5 miliardi, Unicredit Factoring
(8 miliardi di turnover sempre alla fine del marzo scorso) e da Ifitalia del
gruppo Bnp Paribas-Bnl (5,7 miliardi di turnover). Tutti e tre gli specialisti
del factoring rientrano fra le prime dieci società del settore a livello
mondiale. L’importanza del factoring in Italia lo si evince anche da altri dati.
Secondo Bankitalia, i crediti commerciali rappresentavano, alla fine del 2013,
circa il 38% delle attività finanziarie delle imprese. Nell’ambito della
struttura finanziaria di queste ultime, inoltre, i debiti commerciali
costituivano una posta di grande rilievo, che ammontava a circa 598 miliardi di
euro e rappresentava una fonte pari a oltre una volta e mezzo il totale dei
debiti a breve termine verso le banche italiane. Sono poi significativi i dati
raccolti da Via Nazionale sui ritardi dei pagamenti, i più recenti dei quali si
riferiscono al 2012. Ebbene, in quell’anno la quota di credito riscossa in
ritardo, ovvero oltre i 30 giorni, per il complesso della clientela privata
italiana è stata pari al 26% contro il 16% dei crediti verso la clientela
estera, mentre il 61,5% dei crediti commerciali verso la Pubblica
Amministrazione è stato riscosso in ritardo, con una durata media pari a 165
giorni contro i 39 della clientela privata. Il ritardo nei pagamenti da parte
dello Stato è dunque quattro volte superiore a quanto riscontrato fra le aziende
private. Per far fronte a questa situazione che, spesso, mette le aziende
creditrici in seria difficoltà si sono sviluppate anche soluzioni di factoring
evoluto, il cui obiettivo è quello di superare le problematiche dovute al
restringimento del credito da parte del sistema bancario. Secondo una ricerca
condotta dall’Osservatorio Supply Chain Finance della School of Management del
Politecnico di Milano sono due le soluzione più utilizzate, il “Reverse
factoring evoluto” e la “Camera di compensazione”. Il primo — simile al reverse
factoring — sfrutta la fatturazione elettronica e le piattaforme cloud per
anticipare le fatture in modo flessibile, riducendo il rischio ed il costo
dell’operazione grazie ad una maggiore condivisione di informazioni tra le
imprese coinvolte e l’istituto finanziario. La seconda invece è un’evoluzione ed
estensione del reverse factoring, con cui un attore terzo (tipicamente un
istituto finanziario) sfrutta la visibilità su uno o più rami di una filiera per
raccogliere informazioni sulle transazioni commerciali di un insieme di imprese,
per permettere il finanziamento dei flussi finanziari di cui è garante. (m.fr.)
i crediti commerciali sono il 38% delle attività finanziarie delle imprese.
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