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Sharp, offerta
taiwanese per 5,9 miliardi di dollari
La Hon Hai di Taipei, più nota come Foxconn è il cavaliere bianco accorso
al salvataggio dello storico marchio giapponese dell’elettronica di consumo
4 febbraio 2016
di Guido
Santevecchi, corrispondente da Pechino
Arriva da Taiwan l’offerta di salvataggio per Sharp, il glorioso gruppo
giapponese dell’elettronica che da tempo è entrato in una spirale di crisi e
nell’ultimo anno ha perso il 35 per cento del suo valore di mercato. La proposta
di takeover è della Hon Hai di Taipei, meglio nota con il nome commerciale di
Foxconn, sotto il quale nelle sue fabbriche assembla prodotti come gli
smartphone di Apple e i televisori di Sony.
Il consiglio d’amministrazione di Sharp ha comunicato di aver scelto la
multinazionale taiwanese come interlocutore dopo che per molti mesi il governo
di Tokyo aveva cercato una soluzione nazionale, affidandola a Incj, fondo
pubblico costituito con l’obiettivo di sostenere il settore tecnologico del
Giappone. Foxconn ha offerto di investire circa 700 miliardi di yen, 5,9
miliardi di dollari per Sharp, che è gravata da un debito di 4,4 miliardi di
dollari. La proposta taiwanese vale circa il doppio del piano formulato da Incj
(Innovation Network Corp of Japan). L’acquisizione, se andrà in porto come
sembra, segnerà il record di investimento straniero nel settore produttivo
giapponese della tecnologia. Alla Borsa di Tokyo il titolo Sharp è balzato del
17 per cento quando è stata diffusa la notizia.
L’amministratore delegato di Sharp, Kozo Takahashi, ha confermato le notizie di
trattativa con Foxconn diffuse dalla stampa di Tokyo. I tempi per chiudere sono
previsti in un mese.
Con questa acquisizione Foxconn punta al controllo di uno dei maggiori fornitori
di schermi a cristalli liquidi per telefonini e tablet, trasformando l’industria
taiwanese in produttore di componenti chiave invece che semplice assemblatore.
Il ceo di Foxconn, Terry Gou, ha lavorato molto per rassicurare i funzionari
governativi e i manager di Tokyo sulla affidabilità del piano: «Non vogliamo
distruggere Sharp e la sua tradizione secolare, vogliamo che il marchio resti
famoso per altri cent’anni», ha detto alla stampa di Tokyo.
È almeno dal 2012 che Sharp è in crisi e in questi anni il governo di Tokyo ha
cercato varie vie per sostenere l’azienda, stretta dalla concorrenza di
sudcoreani e cinesi, e salvare posti di lavoro e know how nipponici. Al fondo
pubblico Incji era stato affidato il compito di intervenire favorendo una
fusione tra l’attività degli schermi a cristalli liquidi di Sharp e quella dei
rivali di Japan Display; per gli apparecchi elettronici il partner con cui
fondere Sharp avrebbe dovuto essere Toshiba. Ma il piano non ha resistito alla
prova del mercato. Ora la soluzione taiwanese: uno choc per il Giappone.
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