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Un viaggio a Taiwan: Il futuro smart delle aziende della bicicletta
 

5 giu 2018 – La robotica esiste anche nella industria del ciclismo e, a qualcuno potrebbe sembrare strano, arriva proprio dal posto che molti in Italia ancora percepiscono come la filiera della media o peggio della bassa gamma. Il primo degli esempi a contraddire nettamente questo malinteso ce lo fornisce Marwi Industrial CO. Ltd, uno dei tanti poli produttivi che abbiamo visitato in occasione del nostro “Media Tour” a Taiwan, alla scoperta delle novità che vedremo al prossimo salone di Taipei, ma soprattutto alla scoperta di alcuni dei poli produttivi di quest’isola che è il vero e proprio cuore della produzione ciclistica mondiale. E lo è non certo dei prodotti di media o bassa gamma.

Così come la maggior parte delle fabbriche ciclistiche taiwanesi Marwi è situata nei pressi di Taichung, nella zona centro orientale dell’isola, per la precisione nel distretto di Dajia: solo per citare i marchi più famosi, a dieci minuti di distanza da qui c’è il colosso Merida, qualche chilometro più in là un certo Giant, che qui a Taiwan è uno dei poli più grandi del settore ciclo (3000 dipendenti in tutto). Marwi ha numeri decisamente inferiori (120 dipendenti qui a Taiwan), ma non per questo è meno interessante. Dai suoi stabilimenti escono principalmente selle e pedali. Alcuni di questi articoli sono siglati “Union” che è uno degli otto marchi di proprietà della azienda, mentre su altri che abbiamo visto negli showroom è stato facile per noi trovare scritto “Specialized”, “Merida”, “Scott”, “Khs” o “Speedplay”, giusto per citare i brand più famosi per cui Marwi lavora da terzista realizzando alcuni dei loro articoli. Così come la maggior parte delle aziende taiwanesi Marwi è nata negli anni Ottanta, 1983 per l’esattezza, cioè nel periodo che per l’isola a sud del Giappone e ad oriente della Cina ha rappresentato una specie di quello che per noi in Italia fu il boom economico degli anni Sessanta. Quindici anni dopo, 1998, l’azienda sigla il suo accordo con l’indonesiana Xerama Bicycle: nasce così la Marwi Group, che nel giro di pochi anni apre delle filiali anche in Europa – Repubblica Ceca, Germania e Olanda – e negli Stati Uniti. Nel vecchio Continente si fa più che altro ricerca e sviluppo (in particolare in Germania), negli Stati Uniti c’è una filiale commerciale, mentre il grosso della produzione avviene in Indonesia e nello stabilimento della Casa madre a Dajia, appunto quello che abbiamo visitato. Ad oggi, il 79 per cento della produzione del gruppo Marwi viene esportata in Europa.

Lo stabilimento Marwi a Dajia si sviluppa su più comparti. In ognuno si fabbricano componenti diversi (principalmente selle e pedali), in ognuno di essi si realizzano i vari sottocomponenti che poi daranno forma all’articolo finito e soprattutto in ognuno di essi l’azienda utilizza standard e macchinari di costruzione differenti, secondo una logica che progressivamente sta implementando il livello tecnologico degli apparati produttivi utilizzati, riducendo via via il numero degli operai impiegati.

«La nostra ambizione è diventare una industria smart – ci spiega il project manager James Luo – È per questo che nel corso degli ultimi anni abbiamo iniziato a trasformare la nostra linea di produzione da manuale a semiautomatica, e poi da semiautomatica ad automatica». Significa che i componenti vengono realizzati non più con la mano dell’uomo, ma con i robot. Per carità, non una novità strabiliante se si parla di procedure di produzione moderne, ma un fatto sicuramente degno di nota per l’industria ciclistica. Nell’ultimo anno Marwi ha investito due milioni di dollari in macchinari per l’automazione: la maggior parte di questi arrivano dal Giappone, altri dalla Germania. «Industria smart significa industria dove la necessità del personale è minima, anzi è pari a zero – prosegue Luo – Ma industria Smart significa anche riduzione degli spazi necessari per l’installazione di un impianto e poi significa possibilità di controllarlo anche a distanza. Chissà, magari nel futuro Marwi potrà aprire le sue industrie smart anche in Brasile, in Russia, in America».

In questo video una fase di produzione robotizzata degli assi dei pedali. In apertura “si lavora e si prega”.

“No taking pictures please”: è una frase che ci sentiremo, dire spesso in questo viaggio per le aziende qui a Taiwan. Nel caso di Marwi il divieto non è dovuto tanto alla pubblicità su prodotti la cui matrice deve rimanere riservata, ma più che altro alla riservatezza sui macchinari di produzione. Così, ci viene concesso di scattare foto e filmare video nella sezione della forgiatura, trafilatura ed estrusione degli assi dei pedali (il video si riferisce proprio a questo), mentre nel reparto di produzione semiautomatico (dove ci sono robot coadiuvati dalla mano dell’operaio) è impossibile filmare, mentre nella sezione automatica il divieto di fare video e foto sui robot è totale. In particolare, in questa sezione i robot si occupano dell’assemblaggio automatico di pedali le cui componenti sono state realizzate in altre sezioni della fabbrica. Il processo di montaggio robotico dura circa due minuti per ogni pedale. Nella sezione di produzione automatica il ciclo di lavoro è continuo, 24 ore su 24, e su tre linee di produzione con circa sei robot l’uno ci sono solo tre operai deputati a supervisionare l’esecuzione delle procedure e intenti ogni tanto le componenti rotanti dei robot. Nella sezione sottostante, quella semiautomatica, gli apparati semirobotizzati sono in tutto dodici, si occupano di stampare e poi rifinire i dettagli del copro del pedale e per ogni macchina c’è un operaio che controlla e che gestisce l’operatività della macchina.

«Vi ringrazio della visita e spero di rivedervi presto – ci dice congedandosi il Project manager mentre ci accompagna all’uscita – Chissà, magari la prossima volta ad operare sulle macchine non troverete nessuno».
Che piaccia o no, il futuro è questo, si sa.

 

Link, hhttps://www.cyclinside.it/web/un-viaggio-a-taiwan-il-futuro-smart-delle-aziende-della-bicicletta/



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