Home

Dove siamo

Commercio con Taiwan

Investire a Taiwan

Notizie

English


Taipeieco.it - Promozione Economica fra Taiwan e Italia

 


Notizie

 

Esempio Taiwan: malattia virale, cittadinanza digitale, cura democratica
 

Matteo Gerlini

 

26 marzo 2020
 


La questione politica di fondo nella lotta contro il COVID19 è se sia più capace di contrastarlo un regime democratico o un regime autoritario. Esiste un limite intrinseco delle democrazie nell’attuare le politiche che a Wuhan hanno permesso al governo della Cina popolare il contenimento del contagio? In altri termini, è necessario l’autoritarismo per fare osservare l’isolamento di milioni di persone, che dopo settimane pare abbia interrotto la progressione del contagio? A differenza che in Europa, in Asia l’autoritarismo – fino al totalitarismo – fa parte del presente. Il governo cinese non ha avuto il minimo problema di legittimità nell’attuare misure restrittive sulla popolazione del distretto-focolaio di Hubei, punendo le infrazioni anche con la pena di morte.

È bene ricordare che le prime misure draconiane attuate dalla Repubblica popolare cinese sono state quelle che hanno colpito Li Wenliang, il medico di Wuhan che aveva provato a comunicare le prime evidenze sul contagio di un morbo analogo alla sindrome acuta respiratoria severa (SARS) del 2003. Forse in uno Stato non autoritario i segnali sarebbero stati ignorati, ma sicuramente la polizia non avrebbe represso il medico. Dopo la sua riabilitazione, e la sua morte in trincea ospedaliera, lo stato è intervenuto duramente nella limitazione dei contagi, ma è rimasto fermo nel non condividere le informazioni, in particolare con Taiwan. La ferrea restrizione cinese nella circolazione delle informazioni trova il suo apice nel controllo cibernetico della popolazione, che spazia dalle restrizioni di accesso internet al riconoscimento facciale.

Bisognerebbe invece chiedersi se la democrazia, la libera informazione, i diritti civili e la partecipazione digitale siano un vantaggio e non una pastoia. Chiedersi se una società democratica sia più resiliente di uno stato autoritario in cui la società civile è schiacciata. Dall’altra parte del canale di Formosa, in quella che fino a non molto tempo fa era chiamata Cina nazionalista, retta da un regime altrettanto autoritario, c’è una risposta.

La democrazia taiwanese è assai giovane. Il paese ha subito la legge marziale più lunga della storia contemporanea: dal 1949 al 1987, con repressioni brutali delle proteste contro la dittatura e contro la corruzione dei quadri statali. Con la definitiva transizione alla democrazia negli anni Novanta, il complesso di valori e di pratiche pubbliche democratiche si è radicato in una buona parte della popolazione. Taiwan è governata da una donna, Tsai Ing-wen, primo ed unico stato dell’Asia orientale.

Tsai non è sposata, ed è undicesima figlia di secondo letto di suo padre, appartenente alla minoranza etnica degli Hakka, mentre sua nonna materna era un’aborigena. Il ministero della digitalizzazione è retto da una transessuale, la programmatrice Audrey Tang. Due personaggi non assimilabili all’immagine dell’uomo forte, che hanno potuto promuovere l’uso dei big data nel contrastare la diffusione del contagio.

La tecnopolitica dell’analisi dei big data può essere un’insidia per le libertà individuali, ma può essere un’opportunità se usata in accordo con la prassi democratica, digitale in questo caso. L’esperienza acquisita durante il contagio della SARS ha lasciato a Taiwan un’architettura istituzionale efficiente, centralizzata e soprattutto trasparente, attenta alla comunicazione puntuale dello stato delle cose. Una trasformazione istituzionale necessaria oggi come lo è stato nell’Italia del Seicento. La cittadinanza da parte sua prende sul serio le indicazioni delle autorità sanitarie, come ho potuto assistere di persona a Taipei durante i lunghi festeggiamenti del capodanno lunare. Il giorno in cui è stata diramata dal Center for Disease Control la necessità della mascherina in tutti gli ambienti collettivi, le strade si sono trasformate in parate di persone con naso e bocca coperti da ogni tipo di mascherina.

Questo ha però causato una crisi nella disponibilità di mascherine sul mercato, e il governo ha dovuto lanciarne una produzione straordinaria. Prima che le nuove mascherine arrivassero ai rivenditori, il ministero di Tang ha inserito negli aggiornamenti digitali sul contagio – a cui tutti i cittadini accedono – una mappa in tempo reale sulle disponibilità residue di mascherine nei vari punti di vendita. Con analoga modalità, ha fatto indicare i luoghi in cui erano transitati i passeggeri della nave da crociera Diamond Princess, e dopo questa anche i possibili focolai di infezione. Grazie ai big data, l’isolamento dei casi positivi è stato repentino: attraverso le informazione relative ai viaggi all’estero dei cittadini incrociate con i test del virus e con una quarantena obbligatoria piuttosto estesa. Questo ha reso possibile quarantene preventive mirate e il tracciamento dei contagi, rimasti a una cifra sensibilmente bassa in relazione ai 27 milioni di abitanti dell’isola. Così la cittadinanza digitale si sta preparando alla seconda ondata di contagi.

Chiaramente, situazioni di emergenza prevedono misure di emergenza: la limitazione delle libertà individuali fa parte delle misure di emergenza. Per far fronte alla pandemia, l’uso dei big data per tracciare spostamenti e contatti degli infetti non è così distante dall’uso dello strumento militare per fare rispettare il lockdown. Non è appannaggio dei sistemi autoritari, ma le democrazie possono usarlo meglio, sottomettendolo alle garanzie della trasparenza e circostanziandolo all’emergenza del momento. Perché la democrazia è un anticorpo, uno dei migliori che abbiamo.

 

Link,  https://www.huffingtonpost.it/entry/esempio-taiwan-malattia-virale-cittadinanza-digitale-cura-democratica_it_5e7cb767c5b6256a7a25e64b



Ufficio di Rappresentanza di Taipei - Viale Liegi n.17, 00198 Roma | Tel. 06-98262800 - P. Iva 97076980586